Diritto societario

Alle sezioni unite la questione della configurabilità di una delibera implicita in una delibera assembleare

Ferdinando Bruno, Avvocato e Solicitor, LLM, PhD, Professore a contratto di International fiscal systems and financial instruments presso l'Università di Lugano

Perché si possa parlare di volontà espressa dall’assemblea ed imputabile alla società, occorre che tale volontà discenda da una deliberazione assunta secondo il procedimento formale disciplinato dalla legge, in cui l’inserimento dell’ordine del giorno tra le materie da trattare e l’adeguata informazione dei soci costituisce elemento essenziale.

Nei casi in cui per espressa disposizione di legge o in via d’interpretazione si ammette che l’assemblea possa deliberare anche se un argomento non è inserito all’ordine del giorno, vi è pur sempre una espressa deliberazione dell’assemblea e non, come sostiene parte della giurisprudenza di questa Corte, una delibera implicita.

Una società conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Trieste due propri ex amministratori per sentir dichiarare che la loro revoca era stata disposta in presenza di giusta causa ed aver ristorati i danni prodotti dalla loro gestione. I suindicati amministratori specularmene, convenivano la società avanti al Pretore del lavoro per sentir accertare che la loro revoca da amministratori era avvenuta senza giusta causa con conseguente condanna della società al ristoro del danno così patito, nonché per aver, uno dei due amministratori pagate le competenze maturate quale direttore tecnico preposto al magazzino farmaceutico, competenze che la società sosteneva non essere più dovute per effetto della revoca da amministratore. Riuniti i giudizi, il Tribunale accoglieva in parte la domanda della società, ritenendo che la delibera di approvazione del bilancio, in una posta del quale figurava il compenso degli amministratori, non poteva sostituire l’apposita delibera assembleare di liquidazione del compenso ex art. 2389 c.c. Su appello principale degli ex amministratori e incidentale della società la Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza di primo grado, affermando che la delibera di approvazione del bilancio non poteva sostituire quella di approvazione del compenso. Avverso tale sentenza gli amministratori hanno presentato ricorso asserendo, inter alia, che i compensi che essi avevano prelevato risultavano dalla delibera assembleare di approvazione del bilancio, anche se l’assemblea non aveva espressamente deliberato sul compenso ad essi spettante e senza che a tale incombente avesse provveduto il consiglio di amministrazione della società. La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato la propria giurisprudenza sul tema, ha ritenuto che l’esistenza di propri diversi orientamenti in ordine alla configurabilità, nella delibera di approvazione del bilancio che contenga una posta relativa al compenso degli amministratori, di una delibera implicita di approvazione del compenso stesso e l’esistenza di orientamenti contrastanti sulla più generale configurabilità in una delibera assembleare di una delibera implicita, suggerisca di rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Nella propria decisione la Corte di Cassazione ha rilevato anzitutto come la sentenza n. 30.3.1995 n. 3774, interpretando l’art. 2389 e pronunciando su uno specifico motivo di ricorso, abbia asserito che il compenso può essere inserito in bilancio “in quanto sia stato deliberato dall’assemblea con un’autonoma decisione, che non può essere implicita nella approvazione del bilancio stesso”.

In senso contrario si sono espresse altre decisioni della Corte di Cassazione in base alla premessa che “le deliberazioni dell’assemblea di una società di capitali, ivi comprese quelle di approvazione del bilancio, non costituiscono mere dichiarazioni di scienza, né possono essere considerate come atti unilaterali ed interni, intesi a regolare rapporti intersoggettivi, ma sono pur sempre atti in cui rileva la volontà che sta alla base della formazione della deliberazione stessa, ne deriva che, se nel bilancio sia incluso un debito che sarebbe estraneo alla società in quanto creato prima della sua legale costituzione, l’approvazione di quel bilancio, nella conoscenza di tale situazione costituisce un atto di appropriazione di tale rapporto da parte della società, e vale come ratifica dell’atto posto in essere da chi ha agito in nome della società stessa senza averne il potere (Cass. 21.11.1983, n. 6935; Cass. 27.2.2001, m. 2832).

Di qui la conclusione che “l’approvazionedel bilancio nel quale figuri iscritta la voce relativa al compenso dell’amministratore non può avere valore giuridico di approvazione e ratifica comunque, anche dell’operato dell’amministratore relativamente all’attribuzione del compenso. Detta deliberazione rileva quale manifestazione di volontà specificamente diretta all’approvazione di tale attribuzione atteso che l’inclusione della voce di spesa ne bilancio, lungi dal costituire una mera presa d’atto dei dati contabili della scrittura, costituisce un atto di appropriazione del rapporto da parte della società, e in tale appropriazione consiste l’essenza della ratifica” (Cass. 27.2.2001, n. 2832; Cass. 20.12.2005, n. 28423).

La Corte di Cassazione, tuttavia, in altra occasione si è espressa in termini negativi in ordine alla possibilità di desumere dalla delibera di approvazione del bilancio per implicito altra deliberazione su oggetto specifico e con contenuto autonomo. Si è infatti affermato che “Deve escludersi che da una deliberazione assembleare di società cooperativa edilizia, avente carattere generale e con una propria specifica finalità amministrativa-contabile, come quella di approvazione del bilancio, possa desumersi, per implicito, attraverso l’esistenza di una voce del bilancio stesso, un’altra deliberazione dell’assemblea, avente un proprio specifico oggetto distinto e diverso ed un contenuto autonomo rispetto a quello di approvazione del bilancio, senza che tale oggetto sia stato menzionato nell’ordine del giorno e discusso e votato nell’assemblea. Nella specie, il giudice di merito aveva ritenuto che, con l’approvazione del bilancio, l’assemblea ordinaria avesse ratificato la deliberazione con cui il consiglio di amministrazione aveva disposto che un lotto non assegnato, del terreno della cooperativa, rimanesse in comproprietà indivisa dei soci, e ciò in quanto il valore di detto lotto risultava introdotto come posta attiva nel bilancio, con inserimento al passivo dello stesso, dell’eventuale debito verso l’ufficio del registro (Cass. 9.12.1983, n. 7296). Nella stessa prospettiva Cass. 9 giugno 2004, n. 10865, ha affermato che in tema di bilancio di società – che ha la funzione di informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione – la delibera di approvazione del medesimo (la quale, ovviamente, non può prescindere dalla relazione di accompagnamento redatta dall’amministratore), non comporta automaticamente – in difetto di espressa previsione nell’ordine del giorno sul quale l’assemblea è stata convocata – l’approvazione anche degli atti gestori menzionati nella relazione.

Tuttavia altra decisione (Cass. 1 giugno 1991, n. 6203) ha affermato che la delibera di approvazione del bilancio ha valenza di atto ricognitivo dei debiti della società verso i terzi, almeno ai fini dell’interruzione della prescrizione ex art. 2944 c.c., se vi è una sufficiente specificazione degli elementi necessari ad individuare il debito con esattezza.

Ed ancora in tema di ratifica implicita si è affermato che la ratifica, ad opera dell’assemblea, della nomina dell’amministratore, in sostituzione di quello venuto a mancare nel corso dell’esercizio, delibera “ex” art. 2386, primo comma, cod. civ. dagli altri amministratori ed approvata dal collegio sindacale, può essere anche implicita, se fatta attraverso una formale delibera con oggetto diverso ma avente come presupposto il conferimento della carica sociale, così determinandosi ugualmente l’inserimento del preposto nella organizzazione sociale e la riferibilità alla società della sua attività. In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha ravvisato la ratifica implicita nell’approvazione, da parte dell’assemblea della società di capitali, dei due bilanci successivi alla nomina dell’amministratore (Cass. 29.3.2001 n. 4662 ). Analogamente èm stato affermato da questa Corte che la nomina degli amministratori può essere esplicita, se avviene attraverso una formale delibera di nomina, o implicita, se fatta attraverso una formale delibera, avente come oggetto un diverso tema, avente come espresso presupposto il conferimento delle cariche sociali (Cass. 19 dicembre 1985, n. 6493).

In dottrina l’orientamento da ultimo indicato è stato sottoposto a serrata critica. Si è osservato che, anche quando non si voglia attribuire alla delibera di approvazione del bilancio natura di dichiarazione di scienza e non di manifestazione di volontà, occorre ricordare che gli amministratori sono tenuti, in ossequio al principio di prudenza dettata dall’art. 2423 bis n. 1 e dall’art. 2424 bis comma terzo (nel testo anteriore alla novella di cui al D.lgs. 6/2003), ad iscrivere a bilancio tutti gli oneri, anche se soltanto probabili. Dall’iscrizione di una passività non deriva pertanto la volontà vuoi degli amministratori vuoi dell’assemblea di riconoscere una passività non dovuta. Di conseguenza la giurisprudenza di merito ha ritenuto che l’iscrizione di versamenti dei soci tra i debiti della società non costituisca riconoscimento di debito ex art. 1988 c.c. in assenza di ulteriori elementi probatori in tal senso. Più in generale si è osservato che con l’approvazione del bilancio l’assemblea si limita ad esprimere il proprio parere sulla corretta rappresentazione delle operazioni di gestione, come stabilito dagli artt. 2423 e ss. c.c., si che è arbitrario dedurne la volontà di riconoscere un debito o un rapporto negoziale. Proprio con riferimento alla questione oggetto di controversia si è osservato che per ritenere che l’assemblea approvando il bilancio intenda ratificare l’operato degli amministratori ed approvare la determinazione del compenso così come iscritto nel bilancio stesso, occorrerebbe almeno dimostrare che i soci erano consapevoli della circostanza, situazione che si potrebbe presumere sussistente se del compenso degli amministratori si fosse quantomeno discusso in assemblea. Altro ostacolo individuato dalla dottrina alla possibilità di configurare una ratifica tacita nella delibera di approvazione del bilancio deriva dal procedimento previsto dalla legge per la formazione della delibera assembleare. Ai sensi dell’art. 2366 l’avviso di convocazione deve riportare l’elenco delle materie da trattare e l’assemblea non può deliberare sulle materie che non sono iscritte nell’ordine del giorno, a garanzia del diritto dei soci all’informazione e di partecipazione alla discussione degli argomenti iscritti all’ordine del giorno. Le eccezioni a tale principio sono limitate. Ai sensi dell’art. 2393 c.c. la deliberazione dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori può esser presa in occasione dalla discussione del bilancio, anche se non è indicata nelle materie da trattare. È stato inoltre affermato che l’assemblea può deliberare sul compenso degli amministratori in occasione della loro nomina, ancorché tale argomento non sia iscritto all’ordine del girono, trattandosi di questione connessa con la nomina. Di qui la conclusione che dalla delibera di approvazione del bilancio non è possibile desumere per implicito, attraverso una voce del bilancio stesso, un’atra deliberazione dell’assemblea avente un proprio specifico contenuto, autonomo rispetto a quello della prima deliberazione, senza che tale oggetto sia stato menzionato nell’ordine del giorno e discusso in assemblea (in questi termini la già ricordata Cass. 9 dicembre 1983, n. 7296 e Cass. 24 luglio 1968, n. 2672).

Infine, nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che perché si possa parlare di volontà espressa dall’assemblea ed imputabile alla società, occorre che tale volontà discenda da una deliberazione assunta secondo il procedimento formale disciplinato dalla legge, in cui l’inserimento dell’ordine del giorno tra le materie da trattare e l’adeguata informazione dei soci costituisce elemento essenziale. E va aggiunto che nei casi prima menzionati in cui per espressa disposizione di legge o in via d’interpretazione si ammette che l’assemblea possa deliberare anche se un argomento non è inserito all’ordine del giorno, vi è pur sempre una espressa deliberazione dell’assemblea e non, come sostiene parte della giurisprudenza di questa Corte, una delibera implicita. Alla luce di tali orientamenti contrastanti la Corte ha correttamente rimesso la questione alla decisioni delle Sezioni Unite.